Le “Danze polovesiane” sono una serie di brani che compaiono alle fine del secondo atto dell’opera “Il principe Igor” di Alexandr Borodin (1833-1887). L’opera, iniziata nel 1869, è la più nota e celebrata del compositore russo che impiegò molti anni a scriverla e non era ancora completamente terminata quando la morte lo colse all’improvviso nell’inverno del 1887; questo lungo arco di tempo nella composizione è dovuto anche al fatto che egli si considerava un dilettante, un compositore “della domenica” come era solito sostenere, perché si dedicava a questa attività nel tempo libero dagli impegni del suo lavoro ufficiale di professore di chimica all’Accademia di Medicina di Pietroburgo. Aveva un talento naturale per la musica a cui si era avvicinato precocemente, ma per accontentare la volontà della famiglia si iscrisse a medicina laureandosi molto presto, a soli 22 anni.

La svolta nella carriera parallela di musicista avvenne invece nel 1862, grazie all’incontro con Milij Balakirev, fondatore del “Gruppo dei Cinque”, che invitò Borodin a prendervi parte e a cui egli si unì entusiasticamente.

Il soggetto de “Il principe Igor”, andato in scena per la prima volta il 4 novembre del 1890 al Teatro Mariinskij di Pietroburgo, è tratto da un poema epico del dodicesimo secolo e narra di una spedizione di principi di Novgorod-Severskij guidati da Igor Svjatoslavic contro i Polovesi, un popolo pagano di stirpe tartara stabilitosi nelle steppe del Mar Nero che invadeva periodicamente i territori vicini. Nel secondo atto il principe Igor è tenuto prigioniero nel campo polovesiano e il capo della tribù nemica, il Khan dei Tartari, fa eseguire delle danze in suo onore per intrattenerlo. Questi brani, pensati per organico di grandi dimensioni, sono eseguiti autonomamente in sala da concerto e prevedono la presenza del coro oppure no.

Borodin, nato da nobile famiglia di origini caucasiche (il Caucaso era un vasto territorio tra il Mar Nero e il Mar Caspio ed era stato per secoli sotto il dominio dei persiani e dall’impero ottomano) era istintivamente attratto dall’oriente russo di cui studiò approfonditamente il folclore musicale e i suoi influssi, con le melodie e i ritmi tipici, impregnano e coloriscono una musica dal carattere e fascino inconfondibili.

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